Claudia Liuzzi : dal linguaggio privato alla poetica dell’essenziale
Intorno alla metà dl Novecento, Ludwig Wittgenstein, una delle più grandi menti del secolo, raccoglieva nelle “Ricerche Filosofiche” una serie di considerazioni che per gli specialisti vanno sotto il nome di “Argomento del Linguaggio Privato”. La domanda alla base di queste riflessioni era se avesse senso l’ipotesi di un linguaggio che una persona da sola potesse organizzare, interpretare, comprendere.
La risposta di Wittgenstein fu che no, non avrebbe senso, perché se un linguaggio serve per comunicare, cioè ad esporre i propri enunciati a conferme o smentite, o comunque a un confronto, senza interlocutori queste dinamiche non possono sussistere. Quindi senza interlocutori il linguaggio non ha senso. Ma davvero ognuno di noi senza interlocutori esterni è solo? E io, e tu caro lettore, cara lettrice, da soli, quanti siamo? Ognuno di noi, da solo, quante identità ha? Vogliamo provare a chiederlo a Pirandello? E le conferme e le disconferme di un ricordo, di ciò che ci siamo detti un tempo, di ciò che abbiamo visto e vissuto, e le nostre stesse interpretazioni di tutto questo, l’elaborazione di una storia, di un piano per portarla fuori, per venirne fuori, o per coltivarla nel tempo, veramente non richiedono un linguaggio interiore? Un linguaggio cioè che dia per acquisito ciò che sappiamo di noi stessi e che da qui parta per elaborare su questo un discorso?
A domande come queste forse non possiamo rispondere, non ora, non qui all’inaugurazione della mostra “Caseaquilone” di Claudia Liuzzi, ma di certo l’occasione per tornare su queste riflessioni ce la offre proprio l’opera di quest’artista poliedrica ( Pittrice, poetessa ,attrice) , di questa persona solare, al tempo stesso capace di dare alla sua pensosa ricerca interiore la veste di un sorriso aperto e amichevole.
Questa è la cifra del suo linguaggio privato, che attraverso l’opera pittorica e i versi ad essa collegati si emancipa dal solipsismo e diventa espressione dell’essenziale, di ciò che non può dirsi perché già condiviso nella coscienza di ognuno, di tutti : l’attaccamento alla vita attraverso un tratto di spago che lega l’interno del quadro al mondo esterno, la ricerca di senso al susseguirsi degli eventi, “ le case”, il bisogno di autenticità, lo stupore di fronte al vuoto incombente della morte, l’incanto del silenzio, la cura nel continuo divenire di ciò che si è.
Tutto ciò che di essenziale il nostro essere nel mondo porta con sé, i colori e le evoluzioni formali della Liuzzi lo testimoniano come verità intima e al contempo universale, e la materia ormai rarefatta, le forme ridotte a icona della materia stessa, portano insieme questo messaggio di rifiuto di ogni formalismo per recuperare ciò che di più semplice e necessario ci è dato di ricercare per dare senso al nostro vivere: aprirci nell’incontro con l’altro e condividere la nostra umanità.
Vito Marzo